lunedì 28 aprile 2014

Cultura a #Bologna 1 – Palazzo Fava e i suoi Carracci

Chi si trovi di fronte agli Incanti di Medea, non può non emozionarsi, anche se non sa nulla di storia dell'arte o dei Carracci. Per questo inizio il tour nella cultura bolognese da Palazzo Fava, noto anche come Palazzo delle Esposizioni.

L'incantevole edificio di origine medievale deriva il suo nome dalla famiglia che lo acquistò nel 1546. Passato dai Fava ai Medici, giunse nelle mani dell'Hotel Baglioni che, nel 2005, per fortuna, lo cedette alla Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna. Dopo aver provveduto al suo restauro, la stessa lo riconsegnò alla città. Ora è inserito nel percorso artistico dell'ente Genus Bononiae.

Accade così che oggi Palazzo Fava sia da visitare, soprattutto perché accoglie, al piano nobile, il primo e rivoluzionario esperimento dei giovani fratelli Carracci.

La sala dedicata a Giasone e Medea è considerata uno dei capolavori della pittura secentesca per la sua drastica rottura rispetto alla dittatura accademica. Nel ciclo di dipinti, composto da 18 episodi, ogni riquadro possiede una sua originale prospettiva, pur rappresentando più azioni contemporaneamente. I Carracci dipingono il loro addio alla scansione narrativa tradizionale (in cui noi “contemporanei” ci sentiremmo molto più a nostro agio) e all'eccesso manieristico di elementi ornamentali.

Tra gli episodi, troviamo appunto gli Incanti di Medea, che, in un notturno lunare, rappresenta «il primo nudo moderno della storia dell’arte», per Andrea Emiliani. Che poi un Conte Fava abbia provveduto a ricoprire le pudenda esposte nei dipinti del ciclo, è un'altra questione, che nulla toglie al fascino di un Palazzo che incanta.

Quanto al rilievo culturale del Palazzo delle Esposizioni, basti pensare alla mostra La ragazza con l'orecchino di perla, che – nonostante il titolo – non è incentrata su Vermeer. È dedicata al Secolo d'Oro della pittura olandese, le cui opere, per volontà del curatore Marco Goldin (storico dell'arte sensibile al binomio antico-contemporaneo, oltre che direttore di «Linea d'ombra»), sono affiancate dai lavori di 25 artisti italiani contemporanei.

Tra le speranze di Goldin, che il pubblico si ponga davanti al lavoro di Vermeer «non soltanto come a un’icona pop, ma anche come a una rappresentazione sublime della bellezza dipinta. In questo quadro tutto vive dentro una sorta di silenzio crepitante, che chiama ognuno di noi verso il luogo dell’assoluto». Che altro aggiungere?

Intanto vi suggerisco questo link, dove potrete avere un assaggio del ciclo dei Carracci, di cui il geniale critico d'arte e scrittore Roberto Longhi ha parlato come di un «un romanzo storico», capace di «comunicare direttamente ad apertura, non di libro, ma di finestra». Ma è solo un assaggio. Vi assicuro che trovarsi di fronte agli Incanti di Medea (e non solo!) è tutt'altra cosa.

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