martedì 11 marzo 2014

"Sotto il cielo di Lampedusa": una raccolta poetica di versi migranti, tra memoria e denuncia

Mi chiedo quale nome ti ha dato, la tua mamma preziosa,
forse ti ha chiamato berhan, mia luce.
forse ti ha chiamato haben, mio eroe. forse quisanet, riposo.
oppure il tuo nome è hawet? Vittoria.
dimmi piccolo ti ha forse chiamato col nome della sua speranza, la sua aspirazione o il suo sogno?
o forse col nome del fratello che ha perduto o del padre da tempo andato.
forse ti ha chiamato col nome del deserto attraversato o della terra lasciata indietro.
Forse ti ha chiamato col nome della terra in cui eri diretto. dimmi piccolo qual è il nome che tua
madre ti ha dato... perché io non posso sopportare che tu venga chiamato numero 92.

Si intitola Numero 92 ed è opera di Selam Kidane.
È solo uno degli 85 componimenti scritti da 69 poeti nelle lingue più diverse e confluiti in Sotto il cielo di Lampedusa, edito da Rayuela Edizioni con prefazione di Erri De Luca.
Dopo la prima nazionale a Bologna, la raccolta poetica sarà presentata a Milano il 21 marzo, e poi a Bolzano. Per essere aggiornati sugli appuntamenti che sono sicura seguiranno, non perdetevi questo link. La mia (e non solo) speranza è che molte siano le presentazioni del volume. Sono certa che tanti vogliono ascoltare le voci dei sopravvissuti al 3 ottobre 2013, al naufragio che tutti ricordiamo e all'azione militare-umanitaria dello Stato italiano.
 
 
BREVE E CURIOSA STORIA DI UN'INIZIATIVA CIVILE ED EDITORIALE
Mi sento di esprimere un ringraziamento sincero a chi si è impegnato nella raccolta dei versi dei migranti e dei poeti italiani che hanno voluto esprimere la loro solidarietà e indignazione di fronte all'ennesimo caso di violazione dei diritti umani. Poeti italiani ma anche poeti internazionali, chiamati a raccolta grazie a 100 Thousand Poets for Change e alla loro rappresentante bolognese Pina Piccolo.
Per chi non sapesse di cosa sto parlando, una minima ma doverosa nota. 100 Thousand Poets for Change è un movimento di origine americana nato nel 2011 grazie a Michael Rothenberg e Terri Carrion. Convinti che la poesia possa avere un valore politico (nel senso più proprio e puro del termine), i due scrittori hanno lanciato un appello: perché non creare una rete di artisti uniti dalla volontà di testimoniare, denunciare o urlare l'urgenza di cambiamenti sociali, economici, culturali, ambientali, politici? L'invito è stato accolto: l'associazione coinvolge oggi circa 600 poeti attivi in 115 paesi, organizzatori intraprendenti di eventi aperti alle più varie forme d'arte. Anzi, se voleste farne parte, ecco pronto il link.

Ma torniamo a Bologna dove, grazie a Pina Piccolo, arrivano componimenti da tutto il mondo — anche sulla realtà della migrazione e, in particolare, sulla durezza dei viaggi migratori — in vista di una "tre giorni" di letture poetiche (che, tra l'altro, porterà alla pubblicazione di un'antologia). Solo una settimana dopo, la tragedia di Lampedusa. Parte un'email collettiva che chiama di nuovo a raccolta i poeti del movimento. Lo scopo è consegnare i loro testi alle organizzazioni eritree e somale. Senonché nasce l'idea di una lettura pubblica, a cui partecipano eritrei anche con testi propri.

Grazie al web, l'iniziativa acquista risonanza: agli sforzi di 100 Thousand Poets for Change si uniscono quelli di Carte Sensibili, Versante ripido e Il Golem Femmina. Nasce così un e-book, ospitato sul sito di GLOB011. Due settimane dopo, Milton Fernandez, fondatore di Rayuela Edizioni, avanza la proposta di una pubblicazione cartacea.
 
 
L'ANTEPRIMA NAZIONALE A BOLOGNA
Eric Awo, Peter, Sheif (Freedom and Justice);
al microfono Pina Piccolo
Fernandez era presente alla prima bolognese. Tra un pubblico attento e coinvolto, c'era anche Raffaele Salinari, Presidente di Terre des hommes. Ma nella foto vedete il microfono nelle mani di Pina Piccolo. Accanto a lei, rappresentanti di Freedom and Justice e di Eritrean Youth Solidarity for National Salvation (a cui andrà il 10% delle vendite dell'antologia).
La presentazione del volume è stata, infatti, ricca e movimentata. Non solo letture, ma anche testimonianze toccanti si sono succedute nella sala di un luogo "speciale", l'ex-scuola Merlani, edificio marcescente e abbandonato prima che un gruppo di migranti riuscisse, col supporto di associazioni locali, a ottenere dal Comune di risiedervi, realizzando così il primo caso di autogestione in Italia.
Straordinaria (e magari da ripetersi?) l'esperienza. Un gruppo di nigeriani in fuga dalla Libia in guerra approda in Italia nel 2011. Dopo due anni, lo Stato decide che per loro l'“emergenza” è terminata. I ragazzi finiscono per strada. Per fortuna ci sono associazioni "creative", che "ci credono" e si muovono. Risultato? Viene fondata Freedom and Justice e l'edificio demaniale è ora il luogo in cui risiedono i nigeriani. Certo, hanno dovuto rimettere in sesto con le loro mani l'immobile. Ma hanno camere abitabili, una cucina, e la sala in cui si è svolta la presentazione. Ci sono anche gas, luce e acqua, che pagano di tasca propria. Esempio di quello che si può fare se una società davvero civile si attiva.

Diversa è la storia di Abraham (a destra nella foto), rappresentante di EYSNS (Eritrean Youth Solidarity for Salvation). Lui è fuggito dal suo Paese per non vivere da prigioniero sotto una dittatura che, nella sostanza, impone un servizio militare a vita inculcandoti l'idea che «devi essere spaventato». Una vicenda dura, la sua, come quella di tanti giovani migranti. Una vicenda che ha raccontato non solo ai presenti, ma anche agli studenti attentissimi di alcune scuole bolognesi.


Milton Fernandez
Non posso non spendere infine qualche parola per Milton Fernandez. Il nome della sua piccola casa editrice corrisponde al gioco infantile che in Italia chiamiamo "campana" o "settimana". Più precisamente, è ricavato dal titolo di un capolavoro di Julio Cortázar, Il gioco del mondo (Einaudi, 2005, traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini).
Fernandez ci ha raccontato di amare l'idea che persone vaghino senza cercarsi, ma per trovarsi. Convinto che «la poesia sia un'arma carica di futuro», il suo interesse è rivolto a quelli che egli ha definito «poeti senza ombelico»: poeti con gli aperti sul mondo, non concentrati ossessivamente sul loro privatissimo mondo interiore; poeti che agiscono attraverso le loro parole. Come stupirsi che Rayuela abbia dato alle stampe Sotto il cielo di Lampedusa?
A cui ora lascio la parola.


Un confine per segnare la linea
in una retta si chiude perfetta
in una traccia
su un figlio senza abbracci
senza identità né case a cui ritornare.
Risuona dentro il confine
un ferro di catena
che non s’infrange
ma che siano o no gli scogli
a frantumare
le invisibili frontiere
a quelli che levano gli occhi al cielo
con i piedi di polvere
il rebus delle migrazioni sfinisce le mappe
in piedi
sulla riva
nomi che vogliono vivere ancora
in piedi
saldi fra polvere e quel nuovo approdo. [...]
(Meth Sambiase)

[...] Come giudicheremo l’omicidio?
Di fantasmi?
Di vite senza nomi?
Di vite senza corpi?
È una storia che ci riguarda
(Patrizia Dughero)

[...] Perché nulla sapevamo della vostra vita
quando il mare rabbrividì di sangue
e volevamo abbracciarvi,
ma l’abbraccio si gelò tra le braccia
quando il sangue si mescolò al mare
e anche la nostra umanità si ritrasse, respinta,
di fronte all’orrore di chi condanna a morire
colui che ritiene colpevole di essere nato
dalla parte sbagliata del vento, del mare, del mondo
(Valeria Raimondi)

In sella ai nostri anni migliori
sfidiamo il mare
scrutando rotte
di mille altri destini alla deriva
l’approdo è un azzardo
alle porte di Lampedusa
altre storie verranno a galla
impigliate nelle reti dei pescatori
l’enfasi lasciamola ad altri esodi
noi siamo solo profughi
protagonisti della cronaca
e clandestini alla storia.
(Mohamed Malih)

[...] Riportate la memoria a questa gente, e diteli che anche loro solo
ieri eran smarriti in terre straniere.
Per favore diteci il nome di codesta civiltà che tiene rinchiuse le
persone come animali.
Dove siete umanità? Vi stiamo aspettando!
Mi hanno detto mettiti una giacca come quando si va al matrimonio
e una camicia bianca, così ti si vede e sembri anche più pulito,
ho fatto tutto ma loro non so dove siano.
Per favore, per favore, venite a prenderci prima che faccia buio
(Antar Mohamed Marincola)

[...] Solo in sogno mi risveglio in un prato
e rido e rido
E mi risveglio a casa
(Leila Falà)


Per una più ampia anticipazione della raccolta, visitate http://cartesensibili.wordpress.com/2014/02/22/sotto-il-cielo-di-lampedusa-mi-chiamo-nessuno-fernanda-ferraresso/



 

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