martedì 31 dicembre 2013

Su "Geografia commossa dell'Italia interna" di Franco Arminio

Non mi convince molto, ma penso che Geografia commossa dell'Italia interna (Bruno Mondadori, 2013) sia degno di riflessione, in un'epoca disorientata come quella in cui viviamo. Si tratta di un esile volumetto che raccoglie brevi prose, alcune già apparse su quotidiani come «il manifesto», del poeta, documentarista e paesologo Franco Arminio. Chi non sapesse nulla sulla “paesologia”, ha qui a disposizione un utile “breviario”, oltre che un’occasione per apprezzare la prosa poetica dello scrittore di Bisaccia.
Ipocondriaco, soggetto ad attacchi di panico, malinconico e riflessivo, attentissimo ai particolari, Arminio ama attraversare i paesi desolati, appartati, trascurati o travolti dalla modernizzazione capitalistica. E li attraversa col corpo, non con la mente che analizza e investiga; si abbandona alle percezioni, al flusso di visioni, odori, incontri che gli regala il muoversi nell’Italia mediterranea, di confine in confine. «Quasi tutti i giorni vado in giro per i paesi, vado a vedere che aria tira, a che punto è la loro salute e la loro malattia. Vado per vedere un paese, ma alla fine è il paese che mi vede, mi dice qualcosa di me, che nessuno sa dirmi», afferma lo stesso Arminio nel film documentario Di mestiere faccio il paesologo dedicato al poeta da Andrea D’Ambrosio (il DVD corredato da volume è stato pubblicato da DeriveApprodi nel 2011).

Il nostos mancato in "Horcynus Orca" di D'Arrigo


Negli anni che vedono l'Italia uscire dal secondo conflitto mondiale e faticosamente intraprendere il suo percorso di crescita economica e di difficilissima stabilizzazione politica, negli stessi anni che vedono affermarsi progressivamente vari sperimentalismi letterari (vuoi sulla scia della linea lombardo-gaddiana, vuoi nati in seno al postmoderno, vuoi legati al Gruppo '63), fu in gestazione un'opera dai caratteri assolutamente originali e oggi pressoché unanimemente riconosciuta come un capolavoro. Un primo assaggio ne diede la rivista «Il Menabò»: nel 1960 pubblicò i primi due capitoli del romanzo – allora titolato I giorni della fera quando già critici e letterati del calibro di Montale, Zavattini e e Vittorini avevano segnalato il valore del progetto. Ne era autore lo scrittore messinese Stefano D'Arrigo. Dopo un accanito ed estenuante lavoro di revisione, l'opera sarebbe stata pubblicata nel 1975 col titolo definitivo Horcynus Orca. I lettori potevano finalmente sfogliare le oltre 1200 pagine di un'epopea moderna redatta in una lingua altamente sperimentale che, in un panorama complessivamente teso allo scarto rispetto alla norma, spiccava per l'unicità della sua proposta.

Vincenzo Consolo e le forme della memoria

La memoria è il perno ideologico, tematico e linguistico-stilistico attorno a cui ruotano tutte le opere di Vincenzo Consolo. L'urgenza del recupero memoriale è la motivazione prima alla scrittura sempre civile dell'autore di Sant'Agata di Militello; ne determina soggetti e temi, influendo inevitabilmente sulle strutture narrative; è inscritta nelle forme della lingua e nella sofisticata elaborazione retorica e ritmica della sua prosa. Così è fin dal debutto sulle scene letterarie dello scrittore con un testo inizialmente trascurato o considerato in chiave genetica (come opera prima contenente solo i germi di un percorso che si sarebbe sviluppato successivamente), in realtà perfettamente compiuto. Gli intenti e la pulsione alla scrittura vi sono già manifestamente dichiarati.
E dichiarano che c'è una ferita alle origini del percorso letterario di Vincenzo Consolo. Di quelle profonde che segnano un destino. Probabilmente lo scrittore siciliano lo sapeva. Come sapeva che «April is the cruellest month», tanto da porre queste parole di Eliot a epigrafe del suo primo lavoro, La ferita dell'aprile (1963). Probabilmente sapeva anche che in quella ferita, non rimarginabile, avrebbe dovuto a più riprese immergersi per nutrirsene e reinventarsi. Il che, insieme alle ricerche approfondite che le sue opere presuppongono, forse aiuta a comprendere i lunghi tempi di gestazione dei suoi lavori.

lunedì 30 dicembre 2013

Prima call di "Europa Creativa": invito a presentare candidature per l'organizzazione dell'European Prize for Literature

Al via le call di “Europa Creativa”. Il primo invito (EAC/S12/2013), con scadenza 21 febbraio 2014, riguarda l'organizzazione e implementazione dello European Union Prize for Literature per il periodo 2014/2018.
Come noto, il premio è destinato ad autori nuovi o emergenti. Intende, dunque, supportare la migliore narrativa europea contemporanea e attirare su di essa l'attenzione delle case editrici che, nel successivo lavoro di traduzione e promozione dei testi vincitori, saranno supportate finanziariamente dalla UE. In questo modo – ed è qui il nodo che lega il premio al bando EAC/S12/2013 – vengono sostenuti il settore editoriale della Comunità Europea e la circolazione transnazionale dei testi.

domenica 29 dicembre 2013

"Leviatano o il migliore dei mondi possibili": la lotta di Arno Schmidt col demone del Potere

«La testa vibra come un bordo tumescente di campana – ohi –. Devo gonfiare e torcere la bocca. – Ohi! –.»
Sono le prime parole in tedesco che compaiono nel Leviatano o il migliore dei mondi, racconto d'esordio del tedesco Arno Schmidt (1914-1979). E forse con la testa che pulsava, mentre la bocca si contorceva disgustata in un ghigno di disprezzo e amarezza, coi lineamenti tirati dallo sforzo di una scrittura tesissima tra rigoroso controllo razionale ed espressionismo urlato, l'autore si immerse, fin quasi al naufragio, nel racconto della drammatica crisi del suo presente. Fu una crisi privata e una crisi storica, culturale e antropologica, esplosa con l'avvento del Terzo Reich e le sue conseguenze di lunga durata; una crisi individuale e universale inscritta nella prosa sofferta, dilaniata, aggressiva e contundente del Leviatano.
 
Uscito in Germania nel 1949, finalmente oggi, nel 2013, la Mimesis ne pubblica, all'interno della collana “Il Quadrifoglio tedesco”, la prima edizione corredata da testo a fronte, con premessa e commenti puntuali del curatore e traduttore Dario Borso, docente di Storia della Filosofia all’Università di Milano. Per chi scrive, questo è un piccolo-grande evento per la cultura e l'editoria italiane. Lo scomodissimo Arno Schmidt, unanimemente riconosciuto tra i maggiori scrittori tedeschi della seconda metà del '900, ha faticato a essere ben accolto in un'Italia soggetta, a partire dal secondo dopoguerra, alla dittatura culturale di un'intellighenzia di sinistra egemonizzata dalle case Feltrinelli e Einaudi. Ma di queste vicende – non sorprendenti, anzi piuttosto scontate e nondimeno imbarazzanti – preferisco parlare più avanti.
 
Ciò che conta è che, a circa cinquant'anni dalla sua pubblicazione in Germania e a venti dall'edizione curata per Linea d'ombra da Maria Teresa Mandalari (1991), il Leviatano torna a essere accessibile – e in un'edizione arricchita dal testo in lingua originale oltre che da utilissimi strumenti esegetici – non solo a una ristrettissima cerchia di lettori, ma a un pubblico più ampio, che può finalmente incontrare la prima opera tedesca in cui si parli dei campi di concentramento e, soprattutto, l'originalissima scrittura di Arno Schmidt, che colpì già i lettori contemporanei più consapevoli.

sabato 28 dicembre 2013

"Randagio è l'eroe" di Giovanni Arpino: un'utopia vitalistica, mistica e anarchica

Appena ho intravisto Randagio è l’eroe (Lindau, 2013)  sugli scaffali di una libreria, ho afferrato il volume e risentito intero il carisma di Giovanni Arpino e il fascino del viaggio in un percorso letterario raffinato e originale, mai uguale a sé stesso, dalle infinite svolte, poliedrico e cangiante, ancorato alla realtà ma pronto a balzi verso l’alto del fantastico e del mistico. Non so quanti si ricordino dello scrittore piemontese. Di cui sento, proprio mentre ne scrivo, la potente attualità. 
Alcune brevi coordinate su di lui. Nacque a Pola nel 1927 e morì a Torino nel 1987. Fu scrittore di romanzi, racconti, poesie, opere teatrali, libri per ragazzi, epigrammi. Importante anche il suo contributo al cinema: Divorzio all’italiana di Pietro Germi è tratto liberamente dal suo Delitto d’onore; per Renzo e Luciana, l’episodio di Boccaccio ’70 diretto da Mario Monicelli e tratto da L’avventura di due sposi, Arpino collabora direttamente alla sceneggiatura; poi il successo come “ispiratore di storie per il cinema” con Il buio e il miele, dal quale Dino Risi prende spunto per Profumo di donna.

Iperborea, Keller, Lapis, Zandonai e Del Vecchio vincitori del Progetto di Traduzioni Letterarie 2013 targato Ue

Leggete IperboreaKellerLapisZandonai e Del Vecchioche hanno vinto il Progetto di Traduzioni Letterarie 2013 (promosso dall'Unione Europea) a nome dell'Italia. Sono case editrici che, sebbene alcune più note di altre, e di là dal valore rimarchevole delle loro traduzioni, pubblicano spesso perle altrimenti introvabili o di difficile accesso. Trasudano raffinato gusto letterario e passione per testi di altissima qualità che andrebbero promossi, sul nostro mercato nazionale, con maggior entusiasmo. Anche per questo siano, dunque, benvenuti certi riconoscimenti, capaci di illuminare gli angoli preziosi ma poco illuminati in cui si fa vera cultura, misconosciuti se non dai curiosissimi capaci di scovarli.

giovedì 26 dicembre 2013

“Eugenio Scalfari. L'intellettuale dilettante” di Francesco Bucci: quando memoriali narcistici assumono il ruolo di testi di valore culturale

Dopo Galimberti, tocca al patriarca della «Repubblica» Eugenio Scalfari. Il primo era accusato di utilizzare in modo troppo ampio e disinvolto fonti altrui come proprie e di abusare del metodo del copia e incolla (si legga Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale, Coniglio Editore, 2011). Sul secondo grava, invece, l'accusa di “dilettantismo intellettuale”. All'attacco c'è sempre lui, Francesco Bucci. Che lavori come impiegato statale poco conta. Perché il Sig. Bucci è un appassionato lettore di saggistica, come dimostrano le fonti puntualmente citate e il suo orientamento sicuro nel trattare nodi culturali complessi. Non è un accademico, certo. Ma un lettore attento con coordinate piuttosto sicure. E non è poco.
Si può essere stupiti che Bucci sia riuscito a trovare un editore per il suo libello scomodo e imbarazzante, soprattutto se si considera che Scalfari è stato assunto tra gli eletti dei Meridiani Mondadori (La passione dell'etica. Scritti 1963-2012, 2012). Tale assunzione sembra anzi essere stata la principale motivazione che ha spinto Bucci alla disanima dei cosiddetti “saggi” del giornalista (da Per l’alto mare aperto, Einaudi, 2011, a Scuote l'anima mia Eros, Einaudi, 2013). Ammettiamolo comunque: Bucci non è certo l'unico a considerare “inusuale” (e utilizziamo un eufemismo) la pubblicazione nei Meridiani degli scritti di Scalfari...

mercoledì 25 dicembre 2013

Premio per la letteratura dell'Unione Europea (EUPL): ecco i vincitori del 2013 con compilations scaricabili

Con questo post, la speranza è di fare un regalo ai lettori di questo blog, meglio se amanti e curiosi della letteratura europea e delle lingue comunitarie.
Infatti è giunto a conclusione anche lo European Union Prize for Literature(EUPL) – Premio per la letteratura dell’Unione Europea del 2013 e dunque abbiamo la possibilità, se qualcuno non lo avesse già fatto, di leggere le compilation dei vincitori di questo premio promosso dalla Comunità Europea.

lunedì 9 dicembre 2013

European Border Breakers Awards: l'Unione Europea premia la sua musica

EBBA: acronimo per una volta piacevole, se non altro perché ricorda gli amati (da molti) Abba degli anni '70. Se lo sciogliamo, otteniamo European Border Breakers Awards, una delle tante iniziative volute dall'Unione Europea, instancabile promotrice di una cultura transnazionale e, parallelamente, dello sviluppo economico dei Paesi Membri. 
Naturalmente si può discutere sul valore delle iniziative e, nel caso dei premi, sull'effettivo merito dei vincitori. Si può anche discutere, nel caso degli EBBA, della forse opinabile modalità di selezione e voto. Ma ho deciso qui di valorizzare la possibilità offerta di accedere alle novità d'oltralpe, di incentivare gli artisti in erba e di sostenere il mercato discografico.

lunedì 2 dicembre 2013

Parte a gennaio 2014 il programma "Europa creativa 2014/2020"

È stato approvato il 19 novembre scorso ed è in via di programmazione definitiva, ma è certo che entrerà in vigore nel gennaio 2014 Europa creativa 2014/2020. Grazie a questo programma europeo, otterranno finanziamenti 8.000 organizzazioni culturali, 250.000 artisti, 2.000 cinema (purché dedichino sufficiente spazio a film europei), la distribuzione di 800 film di interesse transnazionale e la traduzione di 4.500 libri.

I folli "Segnalati" di Giordano Tedoldi

I segnalati di Giordano Tedoldi (Fazi, 2013) è un romanzo meravigliosamente complesso. Era da tempo che un'opera di narrativa contemporanea non mi regalava quel sottile e autentico piacere estetico che Mann definì «estasi fredda» e insieme una serie pressoché ininterrotta di sorprese ed emozioni. È che il romanzo d'esordio dello scrittore romano fonde la dimensione alta della letteratura iper-colta con quella nazional-popolare dei generi da bestseller (e proprio di quelli in voga oggi: dal fantasy al thriller, dall'horror al sentimentale-psicologico; anche se non mancano, rispetto a questi generi, ascendenze raffinate). E la fusione è realizzata in modo talmente maturo che non vi si avverte nulla di costruito. I segnalati è dunque un romanzo capace di coinvolgere e interessare tanto lettori sofisticati quanto un pubblico alla ricerca di narrazioni avvincenti e dai toni forti. Ne è passato di tempo da quando Eco cercava di applicare nel Nome della rosa le sue teorie letterarie...
Nei Segnalati il lettore precipita. Tutto ha inizio con un incidente. Fulvia e il suo ragazzo, la voce narrante, vengono disturbati da un gruppo di ragazzini.

venerdì 1 novembre 2013

«L'Islam è compatibile con la democrazia?» Risponde Massimo Campanini, curatore di "Le rivolte arabe e l'Islam" (Mulino, 2013)

Infiniti ancora i pregiudizi sull'Islam nel nostro Occidente. Forse dovuti a malafede, a semplice ostinata ignoranza o, peggio, all'assunzione acritica delle notizie e degli slogan trasmessi o propagandati dai media tradizionali. A questi, troppo spesso deleteri, si stanno per fortuna affiancando (e di gran corsa) siti web indipendenti e competenti, che non si occupano solo di fare cronaca seria del presente, ma anche di comprenderlo alla luce del suo passato complesso, e non prescindendo dal poliedrico pensiero politico che lo ha determinato.
Intanto, nell'ambito della Festa internazionale della Storia, a Palazzo Pepoli a Bologna, Massimo Campanini ha offerto qualche spunto utile.
E Campanini è voce degna di essere ascoltata. È il curatore del libro a più voci Le rivolte arabe e l'Islam edito dal Mulino nel 2013. Di formazione filosofica e studioso autorevole del pensiero politico islamico, attualmente docente di Storia dei Paesi islamici alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento, nel breve spazio di un incontro è riuscito ad aprire qualche spiraglio di comprensione.
Sul movimento dei Fratelli musulmani, soprattutto. Il cui nome fa paura, perché, come spesso accade, non lo si conosce. È di certo un movimento complesso. Le sue origini risalgono all'Egitto del 1928, dove nacque per iniziativa del maestro di scuola Hassan al-Banna. Si diffuse poi rapidamente nei territori arabi (dal Sudan alla Siria, dal Marocco all'Iran) riuscendo ad aggregare le varie anime del mondo musulmano.
Questo movimento non è mai stato una forza integralista né ha mai pensato di utilizzare strumenti terroristici. Se «lo jihad è la nostra strada» è tra i principi dei Fratelli musulmani, lo “jihad” è da intendersi (come da Corano) come lo “sforzo” individuale del fedele sulla via di Dio.

martedì 29 ottobre 2013

"Guardami" di Jennifer Egan - un romanzo sulla perdità dell'identità nella civiltà dell'immagine

Per fortuna c’è molto di più della critica alla civiltà americana in Guardami, secondo romanzo della statunitense Jennifer Egan (minimum fax, 2012). Ché altrimenti ci sarebbe da annoiarsi un po’, soprattutto dopo certa grande scrittura visionaria e sperimentale (da Thomas Pynchon a David Foster Wallace).
Leggiamo: «L’astrazione; la standardizzazione; il collasso dello spazio e del tempo... fu l’inizio della modernità!»; «Dai alla gente un boccone di qualcosa di cui le resterà la voglia per tutto il resto della vita, e non ci sarà bisogno di combatterla. Si consegnerà spontaneamente. Era questo il complotto americano» (realizzato attraverso i media); «la cecità attuale derivava da un eccesso di visione: apparenze scollegate da ogni sostanza reale, lasciate a galleggiare sul nulla, al servizio di nulla».
Si parla dunque della civiltà dell’immagine (che raggiungerebbe l’acme con il reality show iper-realista e alienante) e della colonizzazione culturale americana (considerata ben più insidiosa di quella politica ed economica perché strisciante e subdola colonizzazione psichica). Però manca una riflessione originale al riguardo.
Nel romanzo si prefigurano anche rischi di attacchi terroristici contro i simboli della potenza statunitense.

domenica 20 ottobre 2013

"Hannah e le altre" di Nadia Fusini

Hannah e le altre è uno di quei libri che possono generare un processo trasformativo nel lettore. Non perché proponga chissà quale visione o approccio rivoluzionari (che Nadia Fusini ha almeno in parte mutuato dalle protagoniste del suo libro), ma perché divulga una visione e un approccio che l’autrice ha fatto propri e che ora intende condividere con noi, convinta che, se leggiamo davvero, continuiamo a nascere.
L’operazione non deve essere risultata ostica per lei, che, oltre ad essere docente di Letterature comparate presso il SUM di Firenze, è traduttrice e scrittrice di romanzi. Hannah e le altre in effetti, pubblicato per i tipi di Einaudi, appartiene a un genere “ibrido”, assimilabile a una “conversazione” che l’autrice intrattiene con sé stessa e con i lettori, e che prima ancora ha intrattenuto con le opere delle tre protagoniste di questo saggio coerente, coeso e dai chiarissimi intenti, nonostante, anzi proprio grazie al suo carattere ondivago e frammentato (brevi, e numerosissimi, i capitoli).

domenica 6 ottobre 2013

"Breve storia d'amore e libertà" e "Col fiato sospeso" di Costanza Quatriglio

È passato qualche giorno da quando ho visto due film di Costanza Quatriglio nella Sala Offcinema/Mastroianni del Cinema Lumière di Bologna. Ma voglio scriverne comunque, perché è raro assistere a visioni tanto potentemente concentrate, in cui praticamente nulla è superfluo, anzi tutto è quasi fin troppo incisivo e deflagrante.
Comincio col primo film, un vero e proprio documentario della durata di 14 minuti, e dalla sua ultima battuta.
“Sta piangendo perché si è ricordata”. E poi cala il velo nero della dissolvenza, atteso e inaspettato insieme, ma necessario. Lo spettatore sente che così doveva essere (grazie all'intelligenza della regista che lo ha abilmente condotto per mano). È un velo-scure crudele e definitivo, che penetra e squarta al punto che quasi non se ne rimane scossi, ma semplicemente scioccati. È l'effetto che Costanza Quatriglio è riuscita ottenere con la sua Breve storia d'amore e libertà del 2010. A pronunciare la frase del film è Jan, giovane afghano profugo in Italia che cerca ostinatamente di contattare la madre rimasta in patria, la quale però ha rimosso il ricordo del figlio. È convinta che lui sia morto. Jan riesce a parlarle, le dice il suo nome, ma la madre non lo riconosce. Cellulari suonano, abbandonati su tavoli o letti. Alle domande poste non ci sono risposte né si sviluppano conversazioni. In cabine-gabbie vediamo Jan a un telefono muto o in attesa di una chiamata, dietro a vetri sporcati dai riflessi di una città occidentale che ci sembra irreale e sporca e, di certo, schizofrenicamente astratta dalla realtà del giovane.

"35 morti" di Sergio Àlvarez, La Nuova Frontiera, 2013

È nel nome del bandito pluriassassino ed ex-caporale dell’esercito Botones che si apre 35 morti dello scrittore colombiano Sergio Àlvarez (La Nuova Frontiera, 2013). Ritrovatosi sotto assedio nella casa in cui è ospitato, Botones si difende accanitamente fino all’ultimo respiro sfruttando le armi ben rodate di un feroce istinto di sopravvivenza e di un’assuefazione, diventata meccanismo involontario, allo spargimento di sangue. Ma è la sua ora.
Un romanzo che esordisce all’insegna della speranza dunque? Certo che no. Anzi, «Botones commise l’ultimo crimine nove mesi dopo la sua morte», recita l’incipit. Ultimo crimine che coincide con la nascita dell’eroe, che ne appare dunque vittima e insieme erede. L’ombra truce di Botones, come una maledizione, continua a aleggiare sul romanzo che si chiude ancora in suo nome, con un’apostrofe a lui, l’anima nera della Colombia che nessun puntuale e in sé efficace atto di giustizia o polizia può redimere o eliminare.

sabato 5 ottobre 2013

"La nemica" di Irène Némirovsky, Elliot, 2013

Romanzo breve ad oggi inedito in Italia e meritoriamente pubblicato da Elliot (2013), La nemica di Irène Némirovsky appare distante da testi di sicuro interesse e piacevolezza come Suite francese, che ha reso celebre l’autrice in tutto il mondo, e l’intenso David Golder. Le ragioni di tale scarto, incolmabile qualunque angolatura interpretativa si utilizzi, sono sicuramente da rintracciarsi nell’appartenenza della Nemica ad un periodo giovanile, ma anche nell’autobiografismo palese che deve aver reso impervio alla scrittrice trattare un materiale privato bruciante, da cui era urgente liberarsi e rispetto al quale premeva vendicarsi. Inspiegabile, altrimenti, quella distanza.
Pare indubbio dunque che la storia narrata si nutra del dramma di un rapporto intimo, di impossibile gestione nella vita e di tentata catarsi nella letteratura.